Pentecoste: Prime Comunioni a Cerreto!

Lo Spirito del Signore ha riempito l’universo, egli che tutto unisce, conosce ogni linguaggio.
Alleluia.
Pentecoste, termine derivante dal greco antico (pentekostè) che significa “cinquantesimo” (giorno), è una festa della tradizione ebraica e successivamente di quella cristiana.
Nella religione cristiana, cade nel cinquantesimo giorno dopo Pasqua, sempre di domenica, ed è quindi una festa mobile, che dipendente cioè dalla data della S. Pasqua.
Credere al dono dello Spirito Santo, vuol dire credere ad una modalità nuova di accessibilità a Gesù e quindi a Dio, nonostante non lo si veda, non lo si senta, non lo si tocchi, vuol dire credere in una possibilità diversa ma vera, addirittura più intima e universale di relazione a Lui, che continua nonostante l’assenza fisica…
Allora non ci si può più porre di fronte a questo mistero come di fronte “a questo sconosciuto”… come se lo Spirito fosse qualcosa d’altro rispetto a quanto raccontato nel vangelo… “nonostante” la morte di Cristo e la sua assenza fisica… Egli è ancora e sempre incontrabile, e può davvero ancora alimentare la vita che continua, può davvero plasmare i nostri cuori perché il suo Regno venga…
“… Si può dunque, nella vita feriale, camminare secondo lo Spirito, disinquinando la storia dal basso – cominciando dalle piccole cose accessibili agli uomini senza potere, che però sono assuefatti ai segreti del Regno. E imparando a lasciarsi abitare e guidare da Lui. Così cresce il germe divino che dimora in noi, negli appuntamenti silenziosi e nascosti della vita d’ogni giorno…ove lo Spirito stesso viene in aiuto alla nostra debolezza… e intercede con insistenza per noi, con “aneliti senza rumore”.
QUANDO?
– quando dobbiamo fare tante piccole cose senza senso, come sorridere a qualcuno, mentre tutto ci amareggia o ribolle dentro
– quando lasciamo ad altri un minuscolo successo o affermazione, senza ritorsioni, per lasciarli crescere… in pace
– quando silenziosamente condividiamo la passione dei sofferenti e disperati della terra – seduti per terra con loro
– quando sperimentiamo il desiderio e insieme l’impossibilità di uscire dalle gabbie della carne e dall’egoismo – e confidiamo lo stesso che la liberazione è vicina e non ci sarà negata
– quando la fame di compagnia e tenerezza ci rode la carne – e la solitudine sembra l’unica assurda risposta
– quando facciamo i conti della nostra vita e vediamo un passivo incolmabile scavato nell’anima – e ci fidiamo che un Altro, inafferrabile, pareggerà
– quando stiamo dentro l’amara realtà quotidiana sino alla fine, sottomettendoci con fatica alla monotonia corrosiva di una vita che si svuota
– quando ci ostiniamo a pregare, sicuri di essere in ogni caso esauditi, anche se nessun segno ci perviene
– quando la caduta diventa l’estremo umano modo di camminare, che ci rimane – perché sempre di nuovo chiediamo di essere accolti, amati, sollevati
– quando affidiamo la domanda irrisolta e il desiderio inesaudito al mistero di grazia che tutto avvolge dove Qualcuno, nel buio o nel disagio interiore, ci chiama con il nostro nome
– quando ci esercitiamo nei disappunti delle faccende quotidiane, per imparare a morire con serenità ed amore – vivendo, appunto, come vorremmo morire
– quando ci sono offerte scintille di gioia e compiutezza, e cerchiamo di condividerle …
DOVE?
– dove è nascosta la possibilità piccola, ma qualitativamente essenziale, della nostra libertà – di donarci
– dove incontriamo… il diverso – perché l’alterità è la casa dello Spirito, “dove si manifesta la verità ‘più’ intera e le cose future”
– dove siamo chiamati al coraggio di atteggiamenti nuovi… per “abbeverare di Spirito la nostra carne”, aprendola a gusti diversi, in vista della redenzione del nostro corpo
– dove è nascosta la mistica quotidiana, perché questa accoglienza dello Spirito … è l’unione con Dio, l’eterno che scorre nella nostra storia!
– dove si può gustare la sobria ebbrezza dello Spirito, di cui parlano i Padri e l’antica Liturgia: sobria, perché vissuta laicamente e sommessamente nella storia d’ogni giorno; ebbrezza, perché è una strana forza interiore, che vuole mandarci ‘fuori’… dagli angusti schemi mondani.
[da un testo di K. Rahner]